
Il medico, che ha segnalato l’episodio a Magnone e che però vuole restare anonimo, si è visto «decurtare una delle indennità legate al suo incarico professionale», e quindi si è visto «diminuire lo stipendio di oltre 250 euro lorde solo per il mese di marzo». Il motivo? È dovuto restare a casa per il Covid-19. In altre parole, «contravvenendo a un decreto legge», l’ospedale «ha applicato la riforma Brunetta (secondo cui, all’articolo 71 del Dl 112/2008, nei primi dieci giorni di assenza «è corrisposto il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento», a meno che si tratti di ricovero ospedaliero) che, intanto, però, è stata superata dal decreto legge n. 9 del 2 marzo».
All’articolo 19, il decreto legge n. 9 del 2 marzo recita testualmente: «Il periodo trascorso in malattia o in quarantena con sorveglianza attiva, o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, dovuta al Covid-19, è equiparato al periodo di ricovero ospedaliero». Dunque, in questo caso nessuna decurtazione delle indennità sarebbe stata possibile.
E non è finita qui: «Al collega hanno considerato l’infortunio dal periodo che va dal primo tampone positivo all’ultimo tampone negativo senza considerare, invece, il periodo precedente al primo tampone e il periodo successivo al tampone negativo, in cui il collega è stato male, non riuscendo nemmeno ad alzarsi dal letto. Quello, invece, è stato considerato come malattia». «Io, ad esempio, visto che ho contratto il Covid-19, sono stato in infortunio dall’inizio alla fine della mia assenza in reparto, bastava fare così» ci spiega.