Il Diritto di opporsi: contro il razzismo e la pena di morte – McMillian vs Alabama

Dal 30 gennaio al cinema, Il Diritto di opporsi di Destin Daniel Cretton è un avvincente legal thriller e al contempo un film di denuncia contro il razzismo e contro la pena di morte. Tratto da vicende vere e casi giudiziari realmente svoltisi, offre uno spaccato di cosa significhi battersi per la giustizia, per assicurare ad ognuno il diritto di opporsi, indipendentemente dal colore della pelle, per far valere il proprio diritto di resistere in giudizio contro le accuse, a maggior ragione quando queste si dimostrino essere palesemente infondate come nel Caso Walter McMillian vs Alabama, principale argomento del film.

Il regista segue le orme del giovane e appassionato Bryan Stevenson (fino adesso la migliore interpretazione di Michael B. Jordan non sempre convincente in altre pellicole, si veda il remake di Fahrenheit 451 per Netflix), un neo laureato di colore, che, dopo aver svolto un tirocinio formativo affiancando i detenuti nel braccio della morte, decide coraggiosamente di fondare uno studio legale in Alabama per difendere chiunque abbia bisogno di tutele legali e non possa permetterselo.

Affiancato dalla giovane  Eva Ansley (Brie Larson) Stevenson comprenderà presto che i suoi propositi si scontrano con un muro di ignoranza e xenofobia difficile da abbattere. Il suo obiettivo,  lottare contro la pena di morte in uno stato in cui le condanne, soprattutto contro imputati di colore, giungono spesso con rapidità, senza un reale contraddittorio, a volte solo per placare l’opinione pubblica, si rivelerà quasi impossibile. Tra i suoi clienti Walter McMillian, un nero (Jamie Foxx) odiato dalla comunità perché condannato per il brutale assassinio di una giovane bianca e di cui tutti aspettano l’esecuzione. Dopo un breve colloquio con lui, Stevenson comprende subito che i capi d’accusa sono assolutamente infondati, ma la difesa è comunque molto ardua, perché sarebbe necessario produrre prove che possano permettere di riaprire il caso, sussiste la testimonianza schiacciante di un detenuto bianco (un eccelso Tim Blake Nelson) e lo stesso condannato è alquanto disilluso e restio ad essere difeso ancora. Nonostante ciò la sfida di Stevenson continua ed il giovane, non senza subire umiliazioni, sconfitte, delusioni cercherà di portare avanti la sua lotta fino in fondo.

Just Mercy, il titolo originale del film, è ben più evocativo di quello italiano. Ciò che bisogna chiedere è solo “La  Grazia” (anche religiosa) di essere compresi, ascoltati, creduti, difesi e prima ancora essere riconosciuti come esseri umani con un’identità propria e irripetibile. La legge è inquadrata in questo film come uno strumento di difesa non come un mantello oscuro in cui nascondere l’incompetenza, la codardia, o la paura di mettere in discussione i poteri forti. Scandito da una ben scelta colonna sonora, con musiche jazz e afroamericane e da un buon ritmo, Just Mercy, il diritto di opporsi, è la sfida di un avvocato di colore ai paradigmi immutati di uno stato  intollerante, in cui non mancano però persone in grado di rendersi conto dei vizi del potere. La perseveranza, l’umanità, la forza argomentativa e la sostanza giuridica di Bryan Stevenson apriranno gradualmente una breccia nella storia processuale dell’Alabama, ma anche nella coscienza collettiva del paese. Come in L’ufficiale e La spia di Polanski si tratta di un film sul senso di giustizia, a cui si aggiunge,  in questo caso, anche ad un forte messaggio di lotta contro la pena di morte ed il razzismo.Risultati immagini per il diritto di opporsi

L’umanità dei condannati a morte è resa in modo autentico dal film: siano essi colpevoli o innocenti, si tratta comunque di uomini che si apprestano ad essere uccisi mediante la sedia elettrica. Notevole la scena in cui si segue l’esecuzione di uno di questi condannati. Asciutto, ma anche teso nei diversi momenti processuali il film si dimostra ricco di sostanza lì dove attinge a casi veri e ricostruisce le indagini osteggiate del procuratore legale. Sottile anche il discorso sulla paura di finire sulla sedia elettrica, spesso strumento di condizionamento per indurre altri detenuti ad offrire falsa testimonianza.

Un film importante che ha indubbiamente anche un bersaglio politico ben definito (anche alla luce delle recenti condanne a morte proprio sancite in Alabama es. il caso Pryce). L’Alabama è ancora oggi uno stato stato in cui la pena di  morte permane ed è considerata giusta. La pellicola di Destin Daniel Cretton  è tra l’altro ben più efficace del manifesto satirico antirazzista di Spike Lee BlacKkKlansman (2018), perché si occupa casi reali e di temi attuali, riferibili anche alla nostra epoca, denunciando abusi giudiziari perpetuati contro persone vere (grande cura nella scelta degli attori affinché fossero somiglianti e vicini ai reali protagonisti della vicenda). In BlacKkKlansman tutto è più costruito e si fa più riferimento al passato che al presente, riferendosi ad una minaccia xenofoba bianca che in fin dei conti non ha poi tutta questa portata.Risultati immagini per il diritto di opporsi

Il diritto di opporsi ha il merito di rendere viva la coscienza e di riuscire a comunicare cosa significhi essere nel braccio della morte da innocenti, cosa significhi essere persone di colore in uno stato intollerante (del tutto formale la presenza di un museo in Alabama dedicato ad Harper Lee autrice del Buio oltre la siepe, dato che nessuno ne segue il messaggio).

Il regista fa scontrare forma (opinione pubblica, convenzione sociale, retaggi del passato, polizia razzista e giudici conservatori) contro sostanza (la certezza del diritto, il diritto di opporsi, l’identità singola di ognuno e la Grazia di poter essere se stessi e vivere liberi). Niente viene dato per scontato. Il regista si batte per la verità ed il film ha uno spirito forte di denuncia, su temi attuali, in un’epoca in cui se ne sente il bisogno.

Francesco Bellia