“Mi sono spesso chiesta perché gli uomini abbiano completamente monopolizzato il campo dell’esplorazione […] Perché nessuna donna è mai andata nell’Artide, o ha provato a raggiungere uno dei due Poli, o invaso l’Africa, il Tibet o qualche foresta ancora selvaggia? Mai ho considerato il mio sesso un impedimento; mai ho dovuto affrontare una difficoltà che una donna non potesse sormontare proprio come un uomo; mai ho avuto paura del pericolo, mai mi è mancato il coraggio mi difendermi. Eppure sono stata in luoghi pericolosi e ho visto cose spaventose”. Queste sono le parole rilasciate al New York Times nel 1912 dalla prima esploratrice donna della storia: Harriet Chalmers Adams.
Come riportava quell’articolo del New York Times Harriet Chalmers Adams era una donna forte, determinata che nulla aveva da invidiare ai grandi avventurieri dell’epoca. Harriet possedeva una doppia anima: da un lato era conosciuta come una signora elegante che con il suo abito rosso teneva conferenze alla National Geographic Society; ma dietro a tutto questo esisteva una donna intrepida appassionata come pochi dell’America Latina, che non si lasciava scoraggiare dalle avversità e sempre pronta a scalare una montagna o inoltrarsi nella foresta.
Oggi ricordiamo Harriet Adams come la prima donna a viaggiare via terra dal Rio delle Amazzoni alla Guyana francese e a scalare il vulcano El Misti, in Perù. Fu anche tra le pochissime giornaliste a seguire la Prima guerra mondiale, trascorrendo tre mesi nelle trincee francesi. Fondò la Society of Women Geographers, restandone presidente fino al 1933.
Il suo amore per il Sud America è nato durante un viaggio in Messico nel 1899; dopo qualche anno decide di tornare in quei luoghi questa volta armata di rullini fotografici, carta e penna. Questo “viaggio/documentario” durò 2 anni, al suo ritorno a casa, Harriet portò a Gilbert Grosvenor, presidente della National Geographic Society, 3.000 fotografie scattate nel corso dei suoi viaggi. Nel giugno 1907 firmò per la prima volta un servizio sul magazine; nel corso della sua vita ne avrebbe realizzati altri venti. Autrice dei testi oltre che fotografa, fu una delle pochissime donne a collaborare alla rivista in quel periodo, con i suoi reportage dedicati a terre e popoli lontani.
Un modello da seguire, una donna che ha sfidato i pregiudizi del suo tempo e ha vinto.